Le caratteristiche del modello di innovazione di Israele, i suoi protagonisti e i segreti che fanno dello stato ebraico una vera e propria “startup nation” sono stati i temi dell’evento “Israele – Inventori di futuro” di mercoledì 26 giugno che ha visto la partecipazione di Lital Kiperman Vaknin, Head of Innovation and Strategic partnerships Department del The Peres Center for Peace & Innovation moderata da Costanza Esclapon de Villeneuve, imprenditrice esperta di comunicazione e innovazione, presidente e partner fondatrice di Esclapon & Co.
L’evento è stato organizzato nell’ambito della 17esima edizione di “Ebraica – il festival internazionale di cultura” promosso dalla Comunità Ebraica di Roma con il Patrocinio del Ministero per la Cultura e dell’Ambasciata di Israele.
Punto di partenza della discussione è stato un’illustrazione delle peculiarità del Centro Peres per la pace e l’innovazione fondato nel 1996 da Shimon Peres, nono presidente di Israele, due volte primo ministro e premio Nobel per la pace. Il Centro ha la missione di promuovere la visione di Peres, quella di un Israele prospero in un Medio Oriente pacifico. È stato infatti pensato dal suo fondatore come uno strumento da fornire agli interlocutori del paese per intavolare un dialogo sul piano delle tecnologie e dell’innovazione per superare le sfide globali. Nei suoi anni da presidente Peres aveva infatti intravisto la necessità di creare un luogo di aggregazione per mostrare a tutti le caratteristiche del modello d’innovazione israeliano.
Il centro situato sul lungomare di Giaffa è oggi un luogo molto vivo e vitale rivolto all’acquisizione di strumenti e metodologie per l’innovazione e che serve non soltanto come vetrina per tutto quello che Israele realizza ma anche come luogo di apprendimento per illustrare il volto di Israele come “startup nation”.
Un ruolo confermato dall’ultimo ranking che vede Israele al terzo posto nel mondo come ecosistema propizio per le startup dopo Usa e UK. Lital Kiperman Vaknin ha illustrato le ragioni di questo successo che nasce dalla necessità per lo stato ebraico di superare uno svantaggio causato dall’assenza di risorse naturali proprio facendo affidamento sulle risorse intellettuali dei suoi abitanti e su di una ricetta segreta fatta di tre ingredienti fondamentali: necessità, diversità e “faccia tosta”.
Necessità derivante dal fatto di dover creare tutto da zero al momento della fondazione dello stato esercitando quindi uno sforzo innovativo, trainato anche dalle esigenze belliche, che ha dato un grande impulso all’alta tecnologia con ricadute importanti per il settore civile. L’innovazione quindi come chiave per superare le mille sfide di un paese tutto da costruire. L’ingrediente della diversità deriva dalle origini di Israele che è nato da immigrati con grande orientamento all’innovazione. Infatti, come ha spiegato Kiperman Vaknin, chi immigra deve necessariamente elaborare il proprio pensiero laterale perché sta cominciando o ricominciando da zero e questa è la caratteristica d qualsiasi imprenditore: pensare in modo alternativo per superare le sfide.
In questo processo, Israele ha avuto la fortuna di accogliere molti ebrei di origine russa e tra questi tante menti geniali con una spiccata formazione in campo ingegneristico e matematico; ingrediente fondamentale per la formazione del settore hi-tech israeliano negli anni Novanta.
Nel fattore diversità c’è anche l’elemento del servizio militare che, esteso a tutta la popolazione, mette a contatto persone molto diverse tra loro per ambiente culturale, risorse economiche, condizione sociale creando opportunità di collaborazione anche per chi ha meno risorse.
La “faccia tosta”, descritta nel corso dell’evento romano come ingrediente per il successo israeliano nell’innovazione, è quella capacità di stringere i denti e andare avanti pensando in modo inconsueto e alternativo non mollando mai neanche di fronte alle difficoltà e perseguendo i propri obiettivi anche a dispetto di condizioni avverse.
Nella costruzione di un ecosistema favorevole alle startup è stato ricordato come in Israele un fallimento viene visto in modo positivo e non costituisce un marchio in sede di reperimento di nuovi investimenti ma anzi una prova che l’imprenditore ha determinazione e voglia di rimettersi in gioco dopo il “battesimo del fuoco”.
Altro ingrediente chiave nel successo dell’innovazione israeliana, è l’informalità degli imprenditori del paese che sono molto bravi a scambiarsi conoscenze e molto facili da avvicinare per avanzare proposte anche grazie ad una spiccata curiosità, come ricordato da Costanza Esclapon de Villeneuve.
Alla domanda sul tipo di relazione esistente tra il mondo tecnologico, le università e le istituzioni, Lital Kiperman Vaknin ha sottolineato che la costante e solida collaborazione tra questi elementi è una delle unicità del modello israeliano tanto da creare un vero e proprio ecosistema, ulteriormente allargato da player aggiuntivi che svolgono un ruolo vitale.
È stata ricordata la decisa politica del governo israeliano che, resosi conto negli anni ’90 di un grosso problema di carenza di investimenti dall’estero, ha ideato e messo in piedi un programma nazionale di imprese basate su capitale di rischio che oggi è diventata una rete a maglie fittissime. Altro elemento determinante nel creare un ecosistema favorevole all’innovazione è stata l’Israel Innovation Authority, ente rivolto soprattutto a quei settori nei quali i privati sono meno propensi ad investire, ad esempio gli apparecchi elettromedicali che necessitano di tempi lunghi e investimenti cospicui. Un esempio positivo è quello dei dispositivi medicali digitali che sono cresciuti molto durante la pandemia. Inoltre, il sostegno dell’autority serve da incentivo e da garanzia e l’ente si occupa di studiare tutte le possibilità di partnership e di collaborazione che possano tenere in piedi la fitta rete di imprese innovative.
In questo quadro, un ruolo determinante è rivestito dall’eccellente sistema universitario che già nel 1913 poteva contare sul Technion, oggi anche detto Israel Institute of Technology, nato molto prima del 1948, anno di fondazione dello Stato Ebraico. Per sua natura il sistema accademico israeliano è infatti particolarmente orientato a trasferire i frutti degli studi e della ricerca nel sistema delle imprese ed una concreta rappresentazione di questa capacità sono le foto degli imprenditori campioni d’innovazione esposte al Palazzo della cultura nella mostra “Visionari” e che molto spesso hanno un importante background accademico.
La percentuale di israeliani che vanno all’università è molto alta e gli atenei hanno compreso la necessità di diffondere nel corso di studi l’idea di imprenditorialità e da questo punto di vista non c’è alcuna differenza tra materia tecnico-scientifiche e materia giuridiche. Lital Kiperman Vaknin ha ricordato come questo concetto sia molto radicato nella cultura d’Israele e contribuisca alla posizione del paese nelle graduatorie sull’innovazione.
Nel corso dell’evento, il Peres Centre for Peace & Innovation è stato descritto come il luogo in cui si incoraggia l’imprenditorialità anche nei settori meno considerati e nelle zone periferiche del paese cercando gli imprenditori e le imprenditrici anche nei gruppi sociali più svantaggiati per portarli su di un piano di parità. Si è rilevato infatti che la percentuale di arabi e di ebrei ortodossi tra gli imprenditori è bassissima e nel settore delle tecnologie già oggi c’è bisogno di 10.000 persone. Il Centro, inoltre, si impegna per dare vita a innovazioni che facciano del mondo un posto migliore in cui vivere anche attraverso la promozione dell’imprenditorialità tra le donne, a favore delle tecnologie per il clima, l’alimentazione, il metaverso.
Una missione articolata e importante che fa della struttura fondata da Peres un modello interessante da studiare e approfondire per un paese come l’Italia che, secondo l’indice TEHA – Global Innosystem Index (TEHA – GII) 2024, presentato a maggio da The European House – Ambrosetti, è solo al 24esimo posto su 37 paesi considerati. La posizione di Israele? Ovviamente sul podio, al secondo posto dietro a Singapore.